Le tecnologie immersive avvolgono l’utente in un tutt’uno nel quale ambiente reale e contenuti digitali si sovrappongono fino a confondersi.
Le origini di queste tecnologie si perdono nella nebbia del tempo.
Dalla capacità innata di immaginare e sognare come forma primigenia di realtà virtuale, alla realtà aumentata teatrale del Pepper Ghost, fino alle ardite sperimentazioni degli anni ’60 che ci hanno portato sino al presente.
Ma soltanto oggi una concreta irruzione della virtualità nelle nostre vite appare non solo probabile, ma, azzarderei, inevitabile.
I prodotti sono maturi, tutti i grandi colossi ci stanno investendo, le aziende stanno creando un mercato e il sentimento del pubblico ci dice che stanno nascendo nuovi bisogni intorno a queste tecnologie.
Dunque, al di là di scenari distopici alla Black Mirror, o di fantasticherie avveniristiche alla Ready Player One, proviamo a basarci su ciò che esiste già per capire quali cambiamenti radicali potrebbero sopraggiungere veramente nei prossimi anni.
1. Esperienze, la nuova arte
Da quanto tempo non irrompe una nuova arte tra le forme di espressione degli esseri umani? Musica, pittura, scultura, cinema, videoarte, teatro, arte performativa… poi? Solo derivati.
La realtà virtuale potrebbe generare un’ibrido del tutto nuovo; una particolare esperienza a metà tra il videogame e il sogno, e che oggi non ha ancora un nome.
Grazie al suo livello di interattività, verosimiglianza, e alla possibilità di progettare ogni aspetto dell’ambiente nel quale le persone potranno immergersi, l’esperienza in VR permetterà di fare meditazione su una nuvola, di visitare luoghi inesistenti, di vivere un ricordo, di ricostruire un sogno e soprattutto di mettere in scena cose che al momento non riusciamo a immaginare.
Il costruttore di esperienze sarà una bella professione e serviranno doti multidisciplinari: quindi iniziate a studiare!
2. Psicoterapia
Fronteggiare gli oggetti delle fobie che compromettono la nostra serenità è una grande sfida in una popolazione sempre più affetta da problematiche psicologiche (paure, depressione, disturbi comportamentali). Sta già accadendo e diventerà un metodo codificato. Alla base c’è il processo di desensibilizzazione. Un meccanismo per il quale ciò che viviamo in contesti artefatti o riprodotti artificialmente (in questo caso la realtà virtuale o aumentata) ci segue (in larga percentuale) anche nel mondo fisico.
Quindi posso affacciarmi un centinaio di volte da un cornicione in tutta sicurezza, oppure giocare con ragni virtuali sempre più realistici per poi ritrovarmi a prendere familiarità con l’altezza o con il simpatico animaletto e ad avere sempre meno paura anche quando ne incontrerò uno “vero”.
D’altronde, chi può dire cosa sia reale e cosa no?
3. Giornalismo: professione virtual reporter
Un mestiere meraviglioso ma da tempo in crisi, alla ricerca di nuovi formati, di un modello sostenibile e al contempo impegnato a scansare il qualunquismo e le fake news dei social.
Ma la risposta potrebbe arrivare dalla tecnologia. Dai video 360 alla realtà aumentata er virtuale, mettere l’utente al centro della scena è il miglior modo per generare empatia e avvicinarlo alla storia. D’altronde che cosa sono le notizie se non storie, con i loro personaggi, difficoltà e tensioni, in un tempo e in uno spazio definiti?
Il reporter del futuro unisce la propria sensibilità di narratore ai nuovi media digitali, affiancando alla narrazione “di penna” il documentario immersivo.
Ci hanno già messo mano i grandi, dal New York Times al The Guardian, proponendo esperienze di grande suggestione. Ma siamo solo all’inizio.
4. Scuola e training
Imparare dentro le materie. La scuola non potrà rimanere impassibile di fronte alla prospettiva di creare esplorazioni virtuali in luoghi, tempi e oggetti di studio, o di materializzare oggetti in realtà aumentata in stile Hogwarts.
Dalle elementari alla Università, i pionieri delle esperienze didattiche in VR registrano un tasso di interesse e partecipazione degli allievi enormemente superiore rispetto ai tradizionali libri di testo, spiegati dall’insegnante tra sottolineature compulsive e scarabocchi. E poi è un settore che non innova ormai da troppo tempo.
Il corrispettivo aziendale è quello del training. Specialmente in ambito industriale e medico ne vedremo delle belle. La realtà aumentata permette di fare esperienze guidate direttamente sul campo, trovando le informazioni che servono dove e quando servono e monitorando i dati sull’utilizzo per stilare analisi qualitative e predittive. Come avere un manuale davanti agli occhi e un tutor nell’orecchio.
Con la realtà virtuale si possono riprodurre ambienti di lavoro che non esistono ancora o che si trovano dall’altra parte del mondo, con benefici evidenti in termini di abbattimento costi e rapidità di apprendimento.
5. I nuovi social network: essere qualcun altro
Avere una seconda o una terza vita sarà forse la normalità. Ci ha già provato Second Life e ci riproverà, forse riuscendoci, Facebook, utilizzando la realtà virtuale.
Dove sta la differenza?
In realtà virtuale i gesti, le interazioni, le ambientazioni e le relazioni sono più ricche di senso. Non è detto che ciò dipenda dal livello di fotorealismo. È più una questione di quanto l’utente si sente a proprio agio, libero di agire, comunicare e interagire in maniera naturale.
Rispetto a un videogioco ci sono molti meno filtri e si sta già lavorando per riprodurre mimica facciale e linguaggio non verbale attraverso gli avatar.
C’è un’intera industria che può nascere dietro alla costruzione di identità parallele, e proprio l’ossessività dimostrata dagli early adopters nella definizione dei propri alter ego digitali ci da già un’idea di quanto sia allettante la prospettiva di essere qualcun altro.
L’attenzione dei social network potrebbe quindi spostarsi dal racconto o dalla ostentazione di esperienze, alla messa in scena di un’altro sé, tramite il quale condividere esperienze virtuali e poter dare sfogo ad aspetti e comportamenti che non hanno trovato spazio nella principale delle nostre maschere, quella che indossiamo tutti i giorni.